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C. Dal Logos a Gesù, non viceversa.

Giovanni 1 è una specie di aggiornamento di Genesi 1: ambedue infatti cominciano il racconto con «Nel Principio» e poi danno chiarimenti sulla creazione. A quel “principio” ambedue fanno solo un cenno, perché il loro intento è di far comprendere la realtà del momento, che per Giovanni è Gesù, senza il quale «neppure una delle cose fatte è stata fatta» (v. 3).
Abbiamo già visto come Giovanni passi da un concetto che poteva essere compreso dalla cultura greca (il Logos), a quella concretezza ebraica che irrompe con «e il Logos è stato fatto carne» (v. 14). Quando si discute di Trinità si fa invece spesso un percorso esattamente opposto a quello proposto da Giovanni, cioè si parte da Gesù per poi cercare di capire meglio il Logos che c’era all’inizio, ponendosi prioritariamente la domanda su che rapporto c’era nel passato eterno fra il Padre e “la Seconda persona della Trinità”. Inevitabile che si finisca per smarrirsi, rendendo confuso anche ciò che nella Bibbia è chiaro; perché a volte, più che essere sbagliate le risposte, non sono bibliche le domande, con le quali si vorrebbe mettere il naso in quelle cose non rivelate che appartengono solo a Dio e non a noi (Deuteronomio 29:28).
La Trinità è stata rivelata dopo la nascita di Gesù ed in modi ebraici, cioè semplici e concreti. Discutere sui rapporti Padre-Figlio prima dell’incarnazione e con termini filosofici tratti dalla cultura greca, perciò, potrebbe essere una forma di ribellione alla Parola di Dio, disastrosa anche quando non è avvertita come tale. Cercheremo allora di capire ebraicamente ciò che l’ebreo Giovanni voleva dire in alcuni passaggi cruciali del suo Vangelo.



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