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LA TRINITÀ FRA ANTICO E NUOVO TESTAMENTO

Ultimo Aggiornamento: 10/02/2010 18:03
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20/01/2010 21:11

CAP. 3
LO SPIRITO DI DIO DELL’ANTICO TESTAMENTO
È LO STESSO DEL NUOVO


Partiamo da un presupposto che giustificheremo solo in seguito, cioè che lo spirito (“s” minuscola) dell’Antico Testamento è lo stesso Spirito (“S” maiuscola) del Nuovo Testamento, nel quale solo ad un certo punto viene rivelato pienamente il suo essere persona (Giovanni 14:15-26). Per questo motivo tendiamo fin da ora ad usare la “S”, anche se ribadiamo che gli originali sono scritti tutti in maiuscolo (SPIRITO) o tutti in minuscolo (spirito).
Nell’Antico Testamento lo Spirito di Dio, nonostante compaia in un numero di versetti limitato, ha un’importanza cruciale. Lo troviamo fin dall’inizio, quando «aleggiava sulla superficie delle acque» (Genesi 1:2) e perciò è connesso con la creazione stessa.
La parola “spirito” ha il significato di “soffio”, perciò quando Dio soffiò sulla polvere affinché ne emergesse Adamo, significa che gli trasmise il suo Spirito di vita. Poi però c’è stata la caduta e la degenerazione dell’uomo (Genesi 3) e allora, per tornare ad essere pienamente in sintonia con Dio, occorre un nuovo soffio del quale vedremo alcune tracce presenti nell’Antico Testamento.
Un episodio molto significativo è quando Mosè non si sente in grado di governare da solo il numeroso popolo d’Israele ed allora il Signore gli affianca, come collaboratori, settanta “anziani”: «Il Signore rispose a Mosè: “radunami settanta uomini degli anziani d’Israele [...] e li condurrai presso la tenda del convegno [...] prenderò dello spirito che è su di te e lo metterò su di loro” [...] due uomini erano rimasti nell’accampamento [...] Lo spirito del Signore si posò anche su di loro; essi erano infatti tra gli iscritti, sebbene non fossero venuti alla tenda; e cominciarono a profetare nell’accampamento» (Numeri 11:16-26).
Profetare (o profetizzare) significa esprimere pensieri e sentimenti che provengono direttamente da Dio, al punto che chi ascolta se ne rende chiaramente conto: c’è insomma una grande differenza con le riflessioni che una persona può concepire in se stessa. Oltre questa caratteristica generale della profezia, qui ne è accentuata un’altra che spesso è meno evidente. Non di rado, infatti, il profeta si coinvolge interiormente in quel che esprime, rendendo più difficile individuare l’azione dall’esterno che subisce; il fatto che, nel caso considerato, profetizzarono non solo i 68 anziani che mostrarono di essere ben disposti, ma anche i due che erano riottosi, fa comprendere chiaramente che lo Spirito di Dio non è qualcosa di innato, che è già presente in noi stessi e che dobbiamo solo sviluppare, ma una penetrazione dall’esterno che mette l’individuo in grado di compiere ciò che altrimenti non gli sarebbe possibile.
Ciò si vede anche quando lo Spirito fece profetizzare Saul, fino a farne «un altro uomo», così diverso da ciò che Saul era normalmente che la gente si chiese stupita «Saul è anche lui tra i profeti?» (1Samuele 10:6-13). Dio però non vuole far violenza a nessuno, perciò quando lo spirito non viene ben accolto nel proprio intimo (come nel caso di Saul), allora se ne va e lascia che la persona ridiventi ciò che più ama essere. Successe allora che lo Spirito del signore si ritirò da Saul ed investì Davide (1Samuele 16:13-14). Con Davide lo Spirito rimane anche quando cadde in peccati gravissimi (2Samuele 11), perché seppe riconoscerli (2Samuele 12:13) e considerava lo Spirito di Dio come un bene molto prezioso (Salmo 51:11). Non volendoci dilungare, riportiamo brevemente altri casi dai quali emergono le caratteristiche dello Spirito di Dio nell’Antico Testamento.

Quando Israele si trovava in difficoltà si rivolgeva a Dio, che inviava delle persone rese adatte a quel servizio proprio dal suo Spirito: «I figli d’Israele gridarono a Jahvè e Jahvè fece sorgere per loro un liberatore: Otniel [...] Lo Spirito di Jahvè venne su di lui ed egli fu giudice d’Israele» (Giudici 3:9-10).
Altre volte l’azione dello Spirito è più drammatica: «Allora lo Spirito di Dio s’impadronì di Azaria, figlio di Oded, il quale uscì ad incontrare Asa, e gli disse: “Asa, e voi tutti Giuda e Beniamino, ascoltatemi! Jahvè è con voi, quando voi siete con lui; se lo cercate, egli si farà trovare da voi; ma se lo abbandonate, egli vi abbandonerà”» (2Cronache 15:1-3).
Oltre al verbo impadronirsi, viene anche usato investire, come quando un’auto travolge un pedone: «Tutto Giuda, perfino i loro bambini, le loro mogli, i loro figli, stavano in piedi davanti a Jahvè. Allora lo Spirito di Jahvè investì in mezzo all’assemblea Iaazel [...] Iaazel disse: “Porgete orecchio, voi tutti di Giuda, e voi abitanti di Gerusalemme, e tu, o re Giosafat! Così vi dice Jahvè: ‘Non temete e non vi sgomentate a causa di questa gran moltitudine; poiché questa non è battaglia vostra, ma di Dio’”» (2Cronache 20:13-15). Anche Davide, appena ricevette la chiamata da Samuele, fu investito dallo Spirito di Jahvè (1Samuele 16:13).
Nel caso di Isaia, sembra che sia direttamente Dio a parlargli (Isaia 6:8). Mentre Geremia accenna alla presenza in sé di un incontenibile «fuoco ardente» (Geremia 20:9) che può essere facilmente collegato con l’azione dello Spirito. In ogni caso, il contesto generale dell’Antico Testamento rende chiaro che i profeti erano tali perché in loro c’era l’azione dello Spirito di Dio, come poi sarà detto chiaramente da Pietro: «Nessuna profezia venne mai dalla volontà dell’uomo, ma degli uomini hanno parlato da parte di Dio, perché sospinti dallo Spirito Santo» (2Pietro 1:21).

Il rapporto fra lo Spirito di Dio dell’Antico Testamento e lo Spirito Santo del Nuovo, è chiarito proprio dalla citazione di Pietro sopra riportata, per il quale “Spirito Santo” è semplicemente un modo diverso di chiamare lo stesso Spirito di Dio dell’Antico Testamento: un modo che era più usuale al tempo del Nuovo Testamento, ma che è presente pure nell’Antico. Per esempio in Isaia 63:11 («Essi furono ribelli, contristarono il suo Spirito Santo») o nel Salmo 51 di Davide (v. 11, «Non togliermi il tuo Santo Spirito»). Siccome la cristianità vuole esaltare le differenze fra Antico e Nuovo Testamento, allora cerca di tradurre “spirito” nell’Antico Testamento e “Spirito” nel Nuovo, ma si trova in imbarazzo perché non c’è nessun criterio che possa distinguere lo Spirito nell’Antico da quello nel Nuovo Testamento. Alcuni usano sempre la minuscola in tutto l’Antico Testamento e poi adottano la maiuscola fin dall’inizio del Vangelo, anche se la rivelazione dello Spirito Santo come persona è alla fine del Vangelo. Problematica è anche la traduzione in Atti 2, perché l’ebreo Pietro cita la profezia di Gioele, nella quale è promesso lo Spirito e lo fa ad un uditorio ebraico al quale dice: «Voi riceverete il dono dello Spirito Santo» (v. 38): forse c’è un diverso modo di pronuncia fra “spirito” e “Spirito”? Forse l’uditorio doveva intendere “Spirito” mentre Gioele aveva promesso lo “spirito”?
Per evitare queste contraddizioni, la Nuova Riveduta usa spesso “Spirito” anche nell’Antico Testamento, ma non se la sente di farlo troppo spesso e allora cade anch’essa in contraddizione. Secondo la Nuova Riveduta, per esempio, quello che venne su Otniel era lo “spirito” (Giudici 3:10), mentre quello che s’impadronì di Azaria era lo “Spirito” (2Cronache 15:1). Quello che gli ebrei contristarono era lo Spirito “santo” (Isaia 63:11), mentre quello che possiamo contristare ora noi è lo Spirito “Santo” (Efesini 4:30). Quello che era in Davide era il “santo Spirito”, anche se quando scriveva i Salmi era uno strumento dello “Spirito Santo” (Atti 1:16-20; Romani 4:6) e noi, leggendo i Salmi, percepiamo lo stesso Spirito. Certo, riconosco che il problema non è facile ed io, nei passi più sopra riportati, ho usato sempre la maiuscola, ma forse bisognerebbe prendere l’abitudine di usare “SPIRITO” o “spirito” com’è nell’originale (dove però anche le altre parole sono scritte nello stesso modo), lasciando che sia il contesto ad orientare sul suo significato.
Riassumendo, leggendo il solo Antico Testamento, gli Ebrei non ne potevano certamente ricavare che lo Spirito di Dio fosse una “persona”. Nel Nuovo Testamento non c’è all’inizio nessuna nuova spiegazione che possa indurre un ebreo a cambiare idea. Tanto più che lo Spirito Santo svolge qui un’azione del tutto simile a quella già illustrata dall’Antico Testamento. La chiara rivelazione dello Spirito di Dio come “persona” comincia dalla fine del Vangelo e viene poi approfondita (come si vedrà nel cap. 6). È però difficile anche partire dalla fine del Vangelo per cominciare a scrivere “Spirito”, perché anche in seguito si continua a parlare dello Spirito in contesto ebraico e perciò ad intenderlo alla vecchia maniera (per esempio in Atti 2). Una questione non facile per i traduttori, insomma, ma che come lettori possiamo risolvere immaginando “SPIRITO” o “spirito” a seconda del contesto.



Per contatti: roberto.carson@tiscali.it
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