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Genesi 1:1 - Giovanni 1:1

Ultimo Aggiornamento: 04/02/2010 23:15
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Sesso: Maschile
03/02/2010 17:32

Caro Cielo,

Beh, meglio il clima più sereno!


Prima dici che “’amore’ è un attributo o qualità di Dio e non una identificazione così come ‘theos’”, poi – dopo aver ammesso che theòs è un’identificazione – dici che “in Giovanni 1,1 c’è un attributo del Logos e non una identificazione”.



Forse mi sono spiegato male: agape in quella posizione è inteso come un attributo del soggetto, una qualità. Non c'è una identificazione, cioè "ho theos" non è identificato con "ho agape" ma "agape" (senza articolo) è un attributo del soggetto.

Lo stesso avviene in Giovanni 1,1c: "theos" non è una identificazione del soggetto ("ho logos") con "ho theos" ma senza articolo ne indica un attributo, una qualità. Non capisco bene la contraddizone dove sarebbe.


Non vedo come theòs sia un attributo del lògos; casomai è il contrario: è il lògos che è un attributo del theòs



Non mi pare, se così fosse il soggetto sarebbe "ho theos" e il predicato "logos", ma qui il soggetto è chiaramente "ho logos" (dato che ha l'articolo) e non "theos" che è senza articolo ed è in posizione predicativa.


Tutta la questione, Barnabino, sta nel come accostarsi alla parola lògos



Il termine "logos" può avere i significati più diversi a seconda del contesto storico, linguistico, religioso e culturael in cui lo inseriamo. Qui cerchiamo solo di atteneri al contesto immediato, in cui è Giovanni stesso ad identificare il Logos con Gesù, indubbiamente una persona diversa da Dio Onnipotente.


rimani proprio fissato su questa idea che theòs debba indicare in Gv 1:1 un altro essere diverso dal theòs di cui Giovanni sta parlando, ovvero Dio



Io parto da un punto di vista linguistico: in genere con "ho theos" al nominativo ci si riferisce al Dio dei Giudei, dunque l'omissione dell'articolo non è casuale. Giovanni sta dicendo che il Logos non è Geova (ho theos) ma è un'entità che possiede la qualità di essere "theos".


Un esame rivelerà che la “parola” di Dio ha a che fare con la sua sapienza e che in 1:1 si parla della parola creatrice di Dio, quella che egli usò per creare ogni cosa (cfr. Sl 33:6)



“La parola di Geova” è un’espressione che, con leggere varianti, ricorre centinaia di volte nelle Scritture. Qui più che la "parola" intesa come mezzo che ha partecipato alla creazione si dice letteralmente "poichè lui disse e fu" e dunque non mi pare che non ci sia una citazione diretta (sopratutto con la LXX) e in questo caso la "parola" di Dio è più una metafora della potenza di Dio. Mediante “la parola di Geova” furono creati i cieli. Bastava che Dio dicesse la parola e questa diventava realtà. “Dio diceva: ‘Si faccia luce’. Quindi si fece luce”. (Sl 33:6; Ge 1:3). Dio ordina ed ha miriadi di angeli che rispondono alla sua parola e compiono la sua volontà come dice il Salmo 103:20 "Benedite Geova, o angeli suoi, potenti in forza, che eseguite la sua parola, Ascoltando la voce della sua parola". Comunque, certo, hai ragione che per capire il senso di Logos va indagato anche il concetto di "davar" o Parola di Dio.


È questa parola che “in principio era”, “era con Dio” ed “era Dio”.



Cosa intendi con "questa parola"? La metafora che indica il comando che Dio ha dato era con Dio? Non capisco molto il senso.


all’inizio c’era un abbaiare, questo abbaiare era presso (πρός, pros) il cane, e l’abbaiare era il cane.



Francamente non ci vedo una metafora molto riuscita. Un pò perché "abbaiare" è un verbo e non un nome, ma comunque "ho theos" non è un Dio qualsiasi, per Giovanni "ho theos" è il Dio dei Giudei. Comunque l'esempio si renderebbe "e l'abbaio era un cane" (se è privo di articolo indica una qualità e non una identificazione) oppure "e l'abbaio era canino". Ma capisci che la frase così resa indicherebbe o che l'abbaio è appunto un suono di un essere di razza canina. Ma non è possibile alcuna identificazione ontologica tra l'abbaio e la sua qualità di appartenere ad un cane.


Concordo sul fatto che “verbo” al posto di “parola” sia una scelta obsoleta. Ma, se usiamo “parola” nella traduzione, tutto va concordato al femminile



Non sono d'accordo, perché in quel caso dovremmo approssimare i pronomi che invece sono maschili. Insomma alla fine si doveva sempre approssimare qualcosa. Per esempio come rendere successivamente i passi in cui è evidente l'identificazione del Logos con Gesù, un soggetto maschile?


Ma perché, allora, dobbiamo accettare l’assurdo che “la parola”, “questi era in principio con Dio”? L’unica spiegazione è che si traduce il testo biblico con già in mente una dottrina religiosa



Non direi, è il contesto che ad un certo punto identifica la Parola con Gesù Cristo. Dalle Parola che è divenuta carne, infatti, è Giovanni Battista che rende testimonianza identificandolo con Gesà che si battezza.


Anche qui la traduzione è dettata da convinzioni dottrinali religiose. La Bibbia dice che tale parola ἐσκήνωσεν (eskènosen), “pose la tenda”, ovvero per un certo tempo è scesa tra gli esseri umani ed è stata con loro



Non vedo nessuna traduzione errata, la TNM riporta fedelmete in nota il senso letterale (“si è attendata”. Vedi ntt. a Ri 21:3) e non mi pare che rendere "ha risieduto" sia scorretto, perché dici questo?


Tuttavia poi dice una cosa ben diversa da come appare in TNM; infatti, non dice: “Una gloria tale che appartiene a un figlio unigenito”. La Bibbia dice “una gloria ὡς [os, “come”] di unigenito”



Non capisco dove sia l'errore della TNM, la particella ὡς è resa "che appartiene a" perché è usata tranquillamente per indicare una caratteristica (reale o immaginaria) che appartiene al soggetto. Non è dunque comparativa ma introduce un ruolo, un funzione, una qualità della persona che è introdotta. Che si aproprio questo il significato che i biblisti attribuiscono a ὡς in Giovanni 1,14 lo trovi attestato nel BDAG (il Bauer) e nel DENT (sono i due che ho contrallato e mi sembrano concordi).


In quanto alla traduzione: “Esisteva prima di me” (v. 15, TNM), occorre qualche precisazione. Il greco ha πρῶτός μου ἦν (pròtos mu en): “pròtos di me era”. L’aggettivo pròtos – non va dimenticato che siamo di fronte ad un greco popolano, non classico – significa “primo di grado”



Che prwtos indichi anche il "primo" in ordine di grado è normale, ma ma non vedo perché sostenere che tradurlo come "primo" in ordine di tempo sia errato visto che nel greco del NT è usato più spesso proprio in senso temporale. Potrebbe benissimo indicare entrambi: primo in senso tanto temporale che di dignità.

In effetti dice:

Colui che viene dietro di me: nella manifestazione ufficiale
è andato davanti a me: in rango e dignità
pròtos di me era: in esistenza.

Se Giovanni già dice che era "davanti a lui" in rango e dignità non avrebbe senso ripeterlo dopo. Evidentemente si riferiva non alla dignità ma all'essere prima in senso temporale.


Ecco che allora tutta l’impalcatura del Gesù preumano che la traduzione cerca di sostenere, cade di fronte al testo biblico



Francamente mi pare un pò esagerato, anche rispetto a quello che scrive Paolo di Gesù.


Forse, Barnabino, può essere anche utile una buona esegesi di Flp 2:5-11



Guarda, anche quello è un passo molto controverso, mi pare che ci sai già parecchia carne sul fuoco qui!

Shalom
[Modificato da barnabino 03/02/2010 17:33]
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