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Tomismo ed Evoluzione della specie

Ultimo Aggiornamento: 01/12/2009 22:02
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28/10/2009 12:13

www.corneliofabro.org/folder/tomismo/carta_magna.htm

cito alcuni passaggi


Per un Tomismo Essenziale


Cornelio Fabro

...
la filo­sofia contemporanea è consapevole di non avere a sua disposizione alcuna via di uscita, poichè il cogito è stato effettivamente dissolto nel suo fondamento di nientificazione radicale dell’essere. Una lezione questa, che dovrebbe essere decisiva per quanti si preoccupano della funzione del pensiero nella vita dell’uomo.



Motu Proprio Placere nobis di Leone XIII (il Papa della restaurazione tomistica con l’immortale Enciclica Aeterni Patris del 4 agosto 1879)


Ma sono da segnalare anche i nuovi compiti della nuova Fondazione tomistica menzionati dal documento pontificio per la diffusione e difesa nel mondo contempo­raneo delle ricchezze del pensiero tomistico: essi sono la versione in lingua inglese dell’edizione critica e degli scritti che la riguardano e specialmente la erezione di un Istituto «avente il compito di confron­tare il pensiero di s. Tommaso con i moderni sistemi di filosofia e le conquiste delle scienze naturali e antropologiche, a fine di trarne con­clusioni utili per la migliore soluzione dei problemi spirituali e cul­turali del nostro tempo».

Il contenuto nuovo ossia più stimolante per l’indagine speculativa della Lettera pontificia è quindi nel doppio richiamo al confronto del pensiero tomistico con il pensiero moderno e con la coscienza mo­derna [7] : un programma di ardimento e di severo impegno ad un tempo, che non è proprio una sfida polemica alle filosofie contempo­ranee del «decadentismo» ma un atto di rinnovata fiducia dell’uomo nella ragione, nei suoi principi e nella sua attività di fondamento rispetto alla scelta del proprio destino. Il documento pontificio pro­cede dalla convinzione che la filosofia dell’essere, quale si trova nelle opere di s. Tommaso, è l’orientamento filosofico vero per l’uomo; il problema fondamentale risulta allora di trovare il modo migliore, cri­ticamente più fondato e attualmente più consono, per acquisire, espli­citare, comunicare la piena comprensione della sua verità, così da esprimere l’attività essenziale della ragione umana non in astratto ma nel momento storico che attualmente attraversiamo. Questo compito non è da poco, come ognun vede, e pone alcune esigenze che ci sem­brano imprescindibili, sia da parte della filosofia moderna sia da parte del tomismo stesso.

Anzitutto, bisogna nettamente distinguere fra pensiero moderno in generale e la filosofia moderna: questa, nella sua accezione propria è legata alla dialettica rigorosa del principio d’immanenza che ha avuto per esito la morte della filosofia con l’espulsione o nientifica­zione del problema della verità. Il pensiero moderno invece esprime tutto l’ambito delle acquisizioni nelle ricerche storiche, estetiche, er­meneutiche, pedagogiche e scientifiche in ogni campo...: l’effettivo progresso ch’esse significano non è dovuto per nulla affatto al princi­pio d’immanenza, ma all’allestimento di tecniche sempre più adatte ai vari e complessi compiti dell’esperienza e quindi alla valutazione di quel mondo oggettivo e saldo che la filosofia dell’immanenza aveva sequestrato. La scienza moderna allora non è affatto e necessariamente solidale con la filosofia moderna: a differenza della scienza dei secoli passati, la scienza del mondo contemporaneo non è affatto solidale con la filosofia, con nessuna filosofia, perchè vuol essere solo scienza ovvero scoperta e conoscenza delle leggi dei fenomeni ossia del mondo nel suo molteplice e inesauribile apparire. La simbiosi stretta fra filo­sofia e scienza, proclamata spesso non solo nell’antichità e nel medio evo, ma anche nell’età moderna, non ha alcun carattere costitutivo e l’hanno mostrato non solo i deprecati giudici di Galileo ma anche le allegre condanne di rozza empiria che la filosofia dell’immanenza ha spesso lanciato agli sviluppi della scienza, la quale ha fatto perciò benissimo a sganciarsi completamente dalla filosofia [8] . Si deve rico­noscere che il logo scientifico (assunzione di nozioni come materia, energia, corpuscolo..., formulazione di leggi e ipotesi, descrizione di strutture) ha un carattere essenzialmente operativo e non determinativo o «definitivo»: la scienza fa corpo con la realtà che indaga e descrive così che essa può muoversi, nel mondo dell’esperienza, con apertura infinita.

Si tratta allora che fra filosofia e scienza, fra la ragione riflettente sul fondamento e la ragione operante nel mondo fisico, si può avere un rapporto di «convergenze» e non di subordinazione in senso pro­prio da nessuna delle due parti ed è ciò che precisamente afferma la distinzione tomistica dei piani intenzionali. Perciò il tomismo e il pen­siero cristiano in generale non hanno ragione di fare preclusione al­cuna per la scienza nei suoi metodi e strumenti di lavoro, che anzi vedono in essi una sempre più valida conferma di quella positività fon­damentale e ricchezza della realtà dell’esperienza che sta alla base della nozione di realtà del pensiero greco e della creazione nel senso cri­stiano e ch’è invece relegata come negatività, come mera parvenza, come non-verità, ecc... dalle filosofie dell’immanenza. Per essere espli­citi e per non essere comunque fraintesi sul punto cruciale, si tratta di questo: la filosofia moderna dell’immanenza ha fatto completo fal­limento nella diagnosi della verità, perchè è erronea nelle sue ragioni formali ed anzitutto aberrante nel suo principio ispiratore ch’è per l’appunto il principio dell’immanenza [9] . Insieme però si può e si deve riconoscere che la filosofia classica antica e medievale resta sen­z’altro, nelle sue particolari prestazioni storiche, inadeguata e insuf­ficiente per l’uomo moderno.

È per superare questo punto morto che la Chiesa dei nostri tempi ha fatto la «scelta» del tomismo come forma di pensiero universale. La Lettera di Paolo VI ha su questo punto una dichiarazione che contiene per la prima volta la giustificazione immanente dell’attività tomistica ─se così si può dire─ che ha caratterizzato il Supremo Ma­gistero della Chiesa nell’ultimo secolo. Non si tratta di un richiamo puramente storico, di fare un balzo all’indietro, di rifiutare il mondo moderno, ma di ritrovare il filo continuo della tradizione dello spirito per superare le fratture di una civiltà tutta pervasa da dissonanze e disagi interiori: si tratta perciò di un atto di suprema fiducia nell’unità e nel valore indistruttibile dello spirito umano. Scrive infatti il Papa: «In realtà, nelle opere dell’Aquinate si ha un compendio delle verità universali e fondamentali, espresso nella forma più chiara e persuasiva. È perciò che la sua dottrina costituisce un tesoro d’inestimabile va­lore, non soltanto per la Famiglia religiosa di cui è il più grande lu­minare; ma per la Chiesa intera e per tutte le menti avide di verità. Nè senza ragione ─prosegue il Pontefice─ egli è stato salutato homo omnium horarum. Il suo sapere filosofico, infatti, riflettendo le essenze delle cose realmente esistenti, nella loro certa e immutabile verità, non è medievale, nè proprio di un determinato popolo, ma trapassa i tempi e gli spazi, e quindi non è meno valido per tutta l’umanità ai giorni nostri».
..............


Avviandosi alla conclusione della Lettera, il Papa taglia corto ad ogni tergiversazione o interpretazione evasiva: «Siamo dunque per­suasi che grandi benefici deriveranno alla causa della verità da una più vasta ed esatta conoscenza della dottrina del “Doctor Communis”, che la Chiesa ha fatto sua» (corsivo nostro. Si rimanda all’Enciclica di Pio XI «Studiorum Ducem» del 1923). A questo riguardo si può ricordare la ferma convinzione ed il voto espressi da Papa Giovanni XXIII, nel Motu Proprio del 7 Marzo 1963 (che precede di un anno la Lettera di Paolo VI) di erezione ad Università dell’Ateneo «An­gelicum» di Roma, per il felice esito del Concilio Ecumenico in corso al lume dei principi di s. Tommaso: «Quoniam postremo hoc persuasum est Nobis, si doctrinarum Aquinatis studia maiore cura et sol­lertia incitentur, illud futurum esse, ut quae consilia Patribus Concilii Oecumenici Vaticani II proposita sint, ea ad effectum felicius addu­cantur» [15] . Ognuno può intendere che il voto del piissimo Ponte­fice diventa oggi ancor più pressante quando il Concilio sta ormai nella terza Sessione generale per raccogliere i frutti sostanziali dei suoi complessi lavori attesi con ansiosa speranza da tutto il mondo.

Lo stesso Paolo VI nel recente Discorso del 12 marzo tenuto alla Pontificia Università Gregoriana, dopo aver citato la regola aurea del­l’Aquinate del primato che ha il criterio dell’autorità in materia di fede rivelata (S. Th. I, q. 1, a. 8 ad 2), esorta tutti, maestri e discepoli, all’ossequio verso il Supremo Magistero della Chiesa e continua: «Iidem praeterea vocem Ecclesiae Doctorum reverenter auscultent, inter quos Divus Aquinas praecipuum obtinet locum; Angelici enim Doctoris tanta est ingenii vis, tam sincerus veritatis amor, ac tanta sapientia in altissimis veritatibus pervestigandis, illustrandis aptissimoque unitatis nexu colligendis, ut ipsius dottrina efficacissimum sit instrumentum non solum ad fidei fondamenta in tuto collocanda, sed etiam ad sanae progressionis fructus utiliter et secure percipiendos» [16] .

Quest’ardente ed ininterrotta continuità di richiami ad un tomi­smo essenziale, da parte dei pontefici dell’ultimo secolo, ha un centro indivisibile, ch’è una scelta aperta e risoluta secondo la dichiarazione ripresa da Paolo VI che «... la Chiesa ha fatto sua la dottrina di s. Tom­maso». Uno scopo fermo e lucido, l’approfondimento delle posizioni teoretiche fondamentali di tale dottrina come espressione delle esigenze universali della ragione umana valide per tutti i tempi e per qualsiasi tipo di cultura e civiltà e particolarmente atte a ovviare agli errori di fondo del pensiero moderno e per rispondere alle legittime istanze della cultura moderna. Una speranza solida e fondata, quella che l’affermazione e il progresso di tale tomismo essenziale tornerà non solo di valido sostegno della fede e della genuina riflessione teologica, ma anzitutto di rivendicazione della ragione umana nella sua libertà originaria di apertura sul mondo della natura e della storia. In tale campo di arduo ma urgente e promettente lavoro ch’è affidato, nei prossimi decenni, a tutti i rappresentanti della cultura, senza distin­zione di religione o di confessioni, già da qualche decennio lavorano in buona emulazione nell’indirizzo indicato da Paolo VI studiosi pro­venienti dalle scuole più disparate. L’invito del Papa per un «tomismo essenziale» esprime il momento storico nella sua intima ansia di ve­rità per l’unificazione dello spirito umano e non potrà quindi es­sere vano.

Un «tomismo essenziale» secondo le precedenti indicazioni tra­scende qualsiasi sistema chiuso o «figura storica» particolare, compresa quella stessa di s. Tommaso nei punti in cui essa resta legata ai limiti della cultura del suo tempo; tanto più esso deve anche superare il li­mite storico del «sistema» della sua Scuola, qualora esso avesse qua e là sfocato il centro specifico del tomismo originario o comunque fosse un ostacolo per il cammino naturale del pensiero o nascondesse e velasse l’orizzonte infinito della libertà.

Un tomismo essenziale ancora deve sapere non solo inserirsi nella problematica della cultura moderna, ma soprattutto deve poter inter­pretare dall’intimo le istanze nuove di libertà: per questo esso deve dare maggior considerazione alla soggettività costitutiva nel senso nuovo ch’essa ha assunto ─ed in profondo accordo con la concezione tomistica del soggetto spirituale libero─ come caratteristica fonda­mentale della vita dello spirito, a differenza della soggettività trascen­dentale cioè negativa e negativizzante della filosofia moderna.


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Allora la scelta di s. Tommaso non ha carattere personale o con­fessionale, ma universale e trascendentale, perchè vuol essere l’espres­sione più vigorosa delle possibilità della ragione nei suoi compiti verso la fondazione della scienza e della fede. Non tocca qui indicare le forme concrete di attuazione di tale tomismo a cui s’impegneranno gli studiosi del prossimo futuro, come sinceramente ci auguriamo. Comunque, dev’essere saldo che l’essenzialità di cui si parla dice intensità di problematica, approfondimento di principi, chiarificazione delle differenze... anzitutto rispetto alla dialettica moderna dell’immanenza che, nel suo principio ispiratore più profondo qual’è la soggettività trascendentale, ha portato la filosofia alla morte precipitandola nel baratro dell’attivismo puro ossia del nulla; poi, anzi prima di tutto, rispetto alla Scolastica formalistica che ha preparato e provocato con la sua vuotaggine e carenza speculativa l’avvento del pensiero moderno.


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Un «tomismo essenziale» comporta quindi un giudizio attivo sul pen­siero umano e cristiano in generale e sullo stesso tomismo di fronte al pensiero moderno. Una mera «ripetizione passiva» del pensiero di s. Tommaso ci riporterebbe (ma ci porterebbe poi davvero?) al secolo XIII, mentre la storia non torna mai indietro ed incombe per ogni uomo di pensiero il dovere di inserirsi nei problemi e nelle ansie del proprio tempo, come l’Aquinate fece per il suo. Di fronte alla filosofia moderna che ha provocato e pronunciato il fallimento del pensiero come logo teoretico, dal quale era sorta tuttavia sotto la spinta del pensiero greco la scienza e la civiltà dell’Occidente, il tomismo può e deve mostrare come dalla priorità di fondamento che compete all’essere sul pensiero la ragione è sempre in grado di muoversi nel reale secondo l’apertura infinita delle sue possibilità, così da riportare al fondamento della vita dello spirito le vie inesauribili che l’uomo tenta senza posa nell’arte, nella scienza, nella tecnica, nelle discipline storiche, giuridiche, economiche, così come nelle analisi di struttura della coscienza etica, religiosa e politica. Non si tratta tanto ─almeno nel primo momento del confronto col pensiero moderno─ di un tomismo di tesi statiche e rigide che impongano un sistema, quanto di un tomismo di approfondimento di principi, dinamico e aperto sul fondo di tutte le valide acquisizioni di analisi e di metodo della scienza e della cultura moderna.

Nei sette secoli di distanza che ci separano dalla morte di san Tom­maso, assertore intrepido del valore del pensiero e della dignità dello spirito umano, il mondo ha cambiato parecchie volte la sua figura esteriore ed interiore ed ora è in travaglio per una trasformazione che sarà forse la più decisiva e risolutiva della sua storia. Occorre affron­tarla con un’altissima idea della dignità dell’uomo e con una ferma convinzione delle possibilità della sua mente, alla quale è stato affidato anzitutto il compito di scorgere nella natura i segni dell’Intelligenza suprema e di riconoscere nella storia i tratti del piano divino di sal­vezza per la redenzione dal male e la vittoria sulla morte.

Pubblicato in Aquinas,VIII (1965) 9-23.

[1] È noto che si deve ad Hegel la formulazione radicale del problema dello «inizio» (Cf. Wissenschaft der Logik, I Buch: «Womit muss der Anfang der Wissen­schaft gemacht werden?»; ed. Lasson, Bd. I, 51 ss.).

[2] Cf. M. Heidegger, Was ist Metaphysik?, Einleitung: Der Rückgang in den Grund der Metaphysik, V Aufl., Frankfurt a. M. 1949, 7 ss.

[3] M. Heidegger, Was heisst Denken?, Tübingen 1954, 2: «Das Bedenklichste ist, dass wir noch nicht denken». La scienza non pensa ma soltanto «misura»: il passaggio dalla scienza alla filosofia come pensiero è un «salto» (Sprung).

[4] Su questo disagio della filosofia contemporanea, cf. C. Fabro, Ideale del dialogo o ideale della scienza, nel vol. a cura di U. Spirito e G. Calogero, Roma 1966, 324 ss.

[5] Sulle tappe e sul significato di questo ritorno, cf. il nostro discorso acca­demico: S. Tommaso e il Pensiero Moderno, Pont. Univ. Lateranense, Roma 1964.

[6] Seguo il testo inglese pubblicato dall’Osservatore Romano del 7 marzo 1964.

[7] Questo era del resto già accennato nella Aeterni Patris (Cf. il testo in: J.-J. BERTHIER, S. Thomas Aquinas, Doctor Communis Ecclesiae, Roma 1914, 193 s.).

[8] Per una messa a punto più aggiornata del complesso problema, cf. ora: P. Jordan, Der Naturwissenschaftler vor der religiösen Fragen, Oldenburg 1963, spec. 119 ss.

[9] Cf. il nostro: Dall’essere all’esistente, Brescia 19652. Per un’analisi delle tappe principali del principio d’immanenza, cf. ora: Introduzione all’ateismo moderno, Studium, Roma 19692.

[10] In questa critica si sono distinti, dopo il Frohschammer (Die Philosophie des hl. Thomas von Aquin, Leipzig 1889: è un violento attacco alla Aeterni Patris), il tedesco R. Eucken (Die Philosophie des Thomas von Aquino und die Kultur der Neuzeit, Leipzig 1886, Bad Sachsa 19102), il francese L. Rougier, (La Scolastique et le Thomisme, Paris 1925) e l’italiano G. Saitta, (Il carattere della filosofia moderna, Firenze 1934). Per un’esposizione di questi attacchi, cf. la nostra Breve introduzione al Tomismo, Roma 1960, 115 ss.

[11] Sui rapporti di Hegel a Parmenide ha indagato soprattutto Heidegger: cf. Moira, in «Vorträge und Aufsätze», Pfüllingen 1954, 233 ss.; Hegel und die Griechen, nella «Festschrift f. H. G. Gadamer, Die Gegenwart der Griechen im neue­ren Denken», Tübingen 1960, 50 s.

[12] Encyklopädie der philosophischen Wissenschaften, § 86, Zusatz 2; ed. L. von Henning, Berlin 1840, Bd. I, 166 ss.

[13] Enc. d. philos. Wiss., l. c., Zusatz 1; ed. cit., Bd. I, 166.

[14] De Ver., q. I, a. 1.

[15] A. A. S., LV (1963) 207-208.

[16] L’Osservatore Romano, 14 marzo 1968.

[17] Vanno notati soprattutto gli scritti post-bellici, a partire dal Brief über Humanismus del 1947 fino al monumentale Nietzsche del 1961 (spec. Bd. II, 399 ss).

[18] J. Ferrater Mora, «Suarez et la philosophie moderne», Revue de métaph. et de morale, 1963, 66 s.
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