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Natura preumana di Cristo

Ultimo Aggiornamento: 27/02/2010 18:24
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24/02/2010 18:11

Domanda per CieloSegreto

Caro CieloSegreto, tu sostieni che non vi siano scritture che presentino la natura preumana di Cristo. Ma vorrei sapere come giustifichi i seguenti versetti:

GIOVANNI 1:1,2 - In principio era la Parola, e la Parola era con Dio, e la Parola era un dio. Questi era in principio con Dio. 3 Tutte le cose son venute all’esistenza per mezzo di lui, e senza di lui neppure una cosa è venuta all’esistenza.

COLOSSESI 1:15-17 - Egli è l’immagine dell’invisibile Iddio, il primogenito di tutta la creazione; perché per mezzo di lui tutte le [altre] cose furono create nei cieli e sulla terra, le cose visibili e le cose invisibili, siano essi troni o signorie o governi o autorità. Tutte le [altre] cose sono state create per mezzo di lui e per lui. Ed egli è prima di tutte le [altre] cose e per mezzo di lui tutte le [altre] cose furono fatte esistere.

PROVERBI 8:22-30 - “Geova stesso mi produsse come il principio della sua via, la prima delle sue imprese di molto tempo fa. Da tempo indefinito fui insediata, dall’inizio, da tempi anteriori alla terra. Quando non c’erano le acque degli abissi fui data alla luce come con dolori di parto, quando non c’erano sorgenti assai cariche d’acqua. Prima che fossero fondati gli stessi monti, prima dei colli, fui data alla luce come con dolori di parto, quando egli non aveva ancora fatto la terra e gli spazi aperti e la prima parte delle masse di polvere del paese produttivo. Quando egli preparò i cieli io ero là; quando decretò un circolo sulla faccia delle acque dell’abisso, quando rese ferme le masse di nuvole di sopra, quando rese forti le fonti delle acque dell’abisso, quando fissò al mare il suo decreto che le acque stesse non oltrepassassero il suo ordine, quando decretò le fondamenta della terra, allora ero accanto a lui come un artefice, ed ero colui del quale egli specialmente si deliziava di giorno in giorno, allietandomi io dinanzi a lui in ogni tempo, 31 allietandomi per il paese produttivo della sua terra, e le cose che mi dilettavano erano presso i figli degli uomini.

Inoltre, con chi parlava Dio Padre quando in Genesi 1:26 disse: "Facciamo l’uomo a nostra immagine, secondo la nostra somiglianza"?




Per contatti: roberto.carson@tiscali.it
24/02/2010 19:06

·         Gv 1:1,2 – Si tratta della parola di Dio, con lo stesso significato che ha in tutto il Vangelo giovanneo. È la parola creatrice di Dio, quella con cui, in Gn, Dio creò. Quella stessa menzionata in Sl 33:6: “Mediante la parola di Geova furono fatti gli stessi cieli, E mediante lo spirito della sua bocca tutto il loro esercito. - TNM. ·         Col 1:15-17 - Egli è l’immagine dell’invisibile Iddio, il primogenito di tutta la creazione; perché per mezzo di lui tutte le [altre] cose furono create nei cieli e sulla terra, le cose visibili e le cose invisibili, siano essi troni o signorie o governi o autorità. Tutte le [altre] cose sono state create per mezzo di lui e per lui. Ed egli è prima di tutte le [altre] cose e per mezzo di lui tutte le [altre] cose furono fatte esistere. La Bibbia non dice così, ma: ν ατ (en autò), “in lui”; δι' ατο (di’autù), “attraverso di lui” (passando attraverso lui); ες ατν (èis autòn), “verso di lui” (tendendo a lui, avendo lui in mente).·         Pr 8:22-30 – Si tratta di un genere letterario in cui la sapienza di Dio viene fatta parlare in prima persona. Va letto nel modo espressivo ebraico, non alla lettera come fanno gli occidentali. Basta leggere tutto il capitolo per capirlo. Nel cap. successivo (cap. 9) la sapienza è messa in contrasto con la stoltezza e tutte e due parlano.·         Con chi parlava Dio Padre quando in Genesi 1:26 disse: "Facciamo l’uomo a nostra immagine, secondo la nostra somiglianza"? Anche questa è una forma letteraria. Si vuole sottolineare l’importanza della creazione dell’essere umano. Dio, quasi si consultasse, si rivolge alla corte celeste. È un artificio letterario, tanto è vero che subito dopo (v. 27) si dice che “Dio creava [verbo al singolare] l’uomo”.
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24/02/2010 22:32

Per CieloSegreto:

Come spieghi la chiara dichiarazione che Gesù stesso fa, intorno alla sua vita preumana, nei seguenti passi?

Gv 17: 4,5 - "Io ti ho glorificato sulla terra, avendo finito l’opera che mi hai dato da fare. E ora, Padre, glorificami presso te stesso con la gloria che avevo presso di te prima che il mondo fosse".

Gv 8: 58 - "Gesù disse loro: “Verissimamente vi dico: Prima che Abraamo venisse all’esistenza, io ero


[SM=g28004]
Walter Simoni

walter.simoni@yahoo.it
25/02/2010 12:30

Gv 17: 4,5 – Occorre capire prima una regola fondamentale dell’ermeneutica biblica: presso gli ebrei biblici le astrazioni non avevano senso; il linguaggio semitico ed ebraico (e quindi biblico) è un linguaggio concreto. Si prendano, ad esempio, gli emblemi usati da Yeshùa durante l’ultima cena. Chi legge all’occidentale, alla lettera, rasenta il ridicolo trasformando quei simboli in vera carne e sangue. Bene traduce TNM che ha “significa” al posto del consueto “è”. Nel passo giovanneo Yeshùa sta dicendo – messo in occidentale: ‘Glorificami con la gloria che avevi in mente per me prima che il mondo fosse”. Questa però è astrazione, rifiutata dagli ebrei, per cui si rende concreta la frase dicendo “con la gloria che avevo”. Anche la Legge e il Tempio, per fare alcuni esempi, gli ebrei dicevano che erano già in cielo presso Dio. Noi occidentali diremmo che li aveva in mente (astrazione), gli ebrei dicevano che erano presso Dio (pensiero concreto). Gv 8:58 – "Gesù disse loro: ‘Verissimamente vi dico: Prima che Abraamo venisse all’esistenza, io ero’”. Non “io reo”, come citi, ma “io sono” (γ εμ, egò eimì). Yeshùa viene prima di Abraamo, non in senso cronologico, ma per importanza. Dio aveva in mente lui, Yeshùa, per la redenzione di ogni cosa. Così, quando si dice che “bevevano al masso di roccia spirituale che li seguiva, e quel masso di roccia significava il Cristo” (1Cor 10:4, TNM), s’intende dire che se gli ebrei furono salvati nel deserto lo devono a Yeshùa perché furono salvati in vista di lui.
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26/02/2010 09:40

Re:
CieloSegreto, 25/02/2010 12.30:

Gv 17: 4,5 – Occorre capire prima una regola fondamentale dell’ermeneutica biblica: presso gli ebrei biblici le astrazioni non avevano senso; il linguaggio semitico ed ebraico (e quindi biblico) è un linguaggio concreto. Si prendano, ad esempio, gli emblemi usati da Yeshùa durante l’ultima cena. Chi legge all’occidentale, alla lettera, rasenta il ridicolo trasformando quei simboli in vera carne e sangue. Bene traduce TNM che ha “significa” al posto del consueto “è”. Nel passo giovanneo Yeshùa sta dicendo – messo in occidentale: ‘Glorificami con la gloria che avevi in mente per me prima che il mondo fosse”. Questa però è astrazione, rifiutata dagli ebrei, per cui si rende concreta la frase dicendo “con la gloria che avevo”. Anche la Legge e il Tempio, per fare alcuni esempi, gli ebrei dicevano che erano già in cielo presso Dio. Noi occidentali diremmo che li aveva in mente (astrazione), gli ebrei dicevano che erano presso Dio (pensiero concreto). Gv 8:58 – "Gesù disse loro: ‘Verissimamente vi dico: Prima che Abraamo venisse all’esistenza, io ero’”. Non “io reo”, come citi, ma “io sono” (γ εμ, egò eimì). Yeshùa viene prima di Abraamo, non in senso cronologico, ma per importanza. Dio aveva in mente lui, Yeshùa, per la redenzione di ogni cosa. Così, quando si dice che “bevevano al masso di roccia spirituale che li seguiva, e quel masso di roccia significava il Cristo” (1Cor 10:4, TNM), s’intende dire che se gli ebrei furono salvati nel deserto lo devono a Yeshùa perché furono salvati in vista di lui.




Onestamente, la tua conclusione mi sembra molto forzata e studiata a modo per deviare una dichiarazione chiara ed esplicita fatta da Gesù stesso.
Non puoi prendere per allegoriche o letterarie, non letterali, le dichiarazioni che trovi scomode perchè non sostengono la tua tesi.
Walter Simoni

walter.simoni@yahoo.it
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26/02/2010 09:43

Re:
CieloSegreto, 25/02/2010 12.30:

Gv 17: 4,5 – Occorre capire prima una regola fondamentale dell’ermeneutica biblica: presso gli ebrei biblici le astrazioni non avevano senso; il linguaggio semitico ed ebraico (e quindi biblico) è un linguaggio concreto. Si prendano, ad esempio, gli emblemi usati da Yeshùa durante l’ultima cena. Chi legge all’occidentale, alla lettera, rasenta il ridicolo trasformando quei simboli in vera carne e sangue. Bene traduce TNM che ha “significa” al posto del consueto “è”. Nel passo giovanneo Yeshùa sta dicendo – messo in occidentale: ‘Glorificami con la gloria che avevi in mente per me prima che il mondo fosse”. Questa però è astrazione, rifiutata dagli ebrei, per cui si rende concreta la frase dicendo “con la gloria che avevo”. Anche la Legge e il Tempio, per fare alcuni esempi, gli ebrei dicevano che erano già in cielo presso Dio. Noi occidentali diremmo che li aveva in mente (astrazione), gli ebrei dicevano che erano presso Dio (pensiero concreto). Gv 8:58 – "Gesù disse loro: ‘Verissimamente vi dico: Prima che Abraamo venisse all’esistenza, io ero’”. Non “io reo”, come citi, ma “io sono” (γ εμ, egò eimì). Yeshùa viene prima di Abraamo, non in senso cronologico, ma per importanza. Dio aveva in mente lui, Yeshùa, per la redenzione di ogni cosa. Così, quando si dice che “bevevano al masso di roccia spirituale che li seguiva, e quel masso di roccia significava il Cristo” (1Cor 10:4, TNM), s’intende dire che se gli ebrei furono salvati nel deserto lo devono a Yeshùa perché furono salvati in vista di lui.





Trovo interessante questa discussione anche se le risposte di CieloSegreto, teologicamente non sono prive di orli.
Lo studio delle scritture o il metodo di studio deve tenere in considerazione i vari aspetti intrinsecamente contenuti. Non è affatto corretto affermare -in toto- che le astrazioni per gli ebrei biblici non avevano senso.
Sin dalla sua creazione, l’uomo ha attribuito a certe indicazioni divine, chiamiamoli segni, un significato magico-religioso. L’albero della conoscenza del bene e del male o l’albero della vita fino ad arrivare alle parabole di Gesù, non erano altro che dei segni o delle rappresentazioni. Il principio stesso è astrazione ma non mi risulta che gli ebrei biblici rifiutassero i principi o le personificazioni. Il confine tra l’astrazione e il linguaggio concreto è sottilissimo. Non dimentichiamoci che tutti o quasi tutti i concetti biblici hanno come punto di partenza la realtà.
Sarebbe interessante uno studio antropologico sul pensiero ebraico dell’epoca biblica. Come spiegare allora versetti come questi: “Il timore di Geova è l’inizio della sapienza” o “Mediante la sapienza si edificherà una casa”. La saggezza nella pratica permetteva di capire queste astrazioni e soprattutto di entrare con loro nei risvolti del testo biblico.
Premettendo ciò, sarebbe interessante se CieloSegreto ci spiegasse cosa è la “Parola” di Giovanni 1:1,2. Se Giovanni si rivolgeva agli ebrei, come, questi ultimi interpretarono il suo linguaggio e l’espressione “la Parola”, astrazione o reale entità causa prima di parte della creazione.
L’analisi delle scritture sarà l’occasione prossima per una ulteriore chiarificazione.
https://www.testimonidigeova.freeforumzone.leonardo.it
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26/02/2010 11:04

Re:
CieloSegreto:

Gv 1:1,2 – Si tratta della parola di Dio, con lo stesso significato che ha in tutto il Vangelo giovanneo. È la parola creatrice di Dio, quella con cui, in Gn, Dio creò. Quella stessa menzionata in Sl 33:6: “Mediante la parola di Geova furono fatti gli stessi cieli, E mediante lo spirito della sua bocca tutto il loro esercito. - TNM



le Scritture dicono esattamente il contrario:
Filippesi 2:5,7 (NR)
Abbiate in voi lo stesso sentimento che è stato anche in Cristo Gesù, il quale, pur essendo in forma di Dio, non considerò l'essere uguale a Dio qualcosa a cui aggrapparsi gelosamente, ma spogliò sé stesso, prendendo forma di servo, divenendo simile agli uomini

Quando Gesù "era in forma di Dio"?
come poteva "divenire simile agli uomini" se nacque come uomo?

Giovanni 1:14,15 (NR)
E la Parola è diventata carne e ha abitato per un tempo fra di noi, piena di grazia e di verità; e noi abbiamo contemplato la sua gloria, gloria come di unigenito dal Padre. Giovanni gli ha reso testimonianza, esclamando: «Era di lui che io dicevo: "Colui che viene dopo di me mi ha preceduto, perché era prima di me.


qui è lampante che la Parola non è ciò che tu intendi, ma una persona, identificata dai due Giovanni in Gesù e tra l'altro esistente prima del secondo Giovanni benche fosse (come uomo) maggiore di lui.

le tue teorie, prese in prestito dai trinitari ed elaborate a tuo piacimento, non hanno base scritturale.

posso continuare, ad esempio Apocalisse 19:13 (NR) dice:
Era vestito di una veste tinta di sangue e il suo nome è la Parola di Dio
chi è costui, un'emanazione di Dio?














26/02/2010 12:00

Risposte a W. Simoni e a Delemme
CaroWalter Simoni, comprendo la tua difficoltà – da occidentale - a comprendere il linguaggio concreto ebraico in sostituzione delle astrazioni. Vediamo se possiamo ragionare da un altro punto di vista su Gv 17:5: “Ora, Padre, glorificami presso te stesso con la gloria che avevo presso di te prima che il mondo fosse” (TNM). Intanto, riferiamoci al testo biblico che dice, parola per parola: “Ora glorifica me tu, Padre, presso te stesso con la gloria che avevo prima che il mondo fosse presso di te”. Non so perché TNM eviti di tradurre il secondo “presso di te”, ma questo nel testo c’è ed è nella stessa identica costruzione: παρ σεαυτ (parà seautò), “presso te stesso”; παρ σο (parà sòi), “presso di te”.   Ora, si noti che esattamente come la gloria (la gloria, e non Yeshùa) era presso Dio, nello stesso modo anche il mondo era presso Dio. Che vuol dire che il mondo era presso Dio? La preposizione parà (παρ) seguita dal dativo (come nel nostro caso) la troviamo in Lc 2:52 che TNM traduce “nel favore di Dio” (greco: παρ θε, parà theò). Ora attenzione a Rm 12:16, che TNM traduce così: “Non divenite discreti ai vostri propri occhi”. Il testo biblico ha qui παρ' αυτος (par’autòis), “presso voi stessi”. Inizi a capire? Ora sarà più chiaro con 2Cor 1:17: “In me ci sia il ‘Sì, Sì’ e il ‘No, No’” (TNM). Ciò che TNM rende “in me” è nella Bibbia παρ' μο (par’emòi), “presso di me”. Meglio di così! Ora, se vogliamo mettere in occidentale Gv 17:5, conformemente al senso di parà seguito dal dativo che ho esposto, si ha: “Ora glorificami tu, Padre, con la gloria che avevo in te prima che il mondo fosse in te”. - Dia. F. Delemme, dici cose corrette ma nel contempo confondi. Tu scrivi : “Non dimentichiamoci che tutti o quasi tutti i concetti biblici hanno come punto di partenza la realtà”. Io mi permetto di correggere: Tutti i segni biblici hanno come punto di partenza la realtà. Per non occidentali un simbolo è un simbolo e basta, per i semiti il simbolo presupponeva la realtà. Compiendo il simbolo si compie la realtà. Ma nella questione della gloria che era presso Dio (in Dio, come abbiamo visto) il simbolo non c’entra. Qui si tratta di astrazione, non di simbolo. L’occidentale dice: Ho questo in mente (astrazione); il semita diceva: Questo era presso di me (concretezza). Il rischio per l’occidentale è di leggere alla lettera e capire che “questo” fosse materialmente preesistente.   Mi chiedi di spiegare cos’è la “parola” di Gv 1:1,2. L’ho fatto altrove in altre discussioni, ma ripeto: la “parola” è ciò che è in tutto il resto del vangelo giovanneo, ovvero la parola di Dio, quella che Dio usò nel creare ogni cosa, come detto in Sl 33:6: “Mediante la parola di Geova furono fatti gli stessi cieli, E mediante lo spirito della sua bocca tutto il loro esercito” (TNM). Questa stessa parola divina scese nell’uomo Yeshùa che quindi non disse parole sue, ma di Dio. Qui non c’entra l’astrazione. Gn 1 afferma che Dio creò usando la sua parola; Gv 1:1, richiamandosi a ciò, spiega che quella parola divina che appartiene e a Dio si è fatta carne “ponendo la tenda” fra noi. – 1:14.
26/02/2010 12:53

Risposta a Bruciolis
Caro Bruciolis, intanto quelle che tu definisci mie teorie non sono prese in prestito dai trinitari. La dottrina trinitaria è del tutto pagana. Inoltre, i trinitari usano Flp 2:5 proprio per sostenere la parità di Yeshùa con Dio, cosa che io rigetto.   Tu mi domandi: “Quando Gesù ‘era in forma di Dio’? Come poteva ‘divenire simile agli uomini’ se nacque come uomo?” Risposta: Yeshùa era uomo in tutto e per tutto. Gli elementi essenziali della “buona notizia” sono questi:(1) “Colui che è stato manifestato in carne,(2) è stato giustificato nello Spirito,(3) è apparso agli angeli,(4) è stato predicato fra le nazioni,(5)è stato creduto nel mondo,(6) è stato elevato in gloria”.- 1Tm 3:16.  La “forma” di Dio, come ho cercato di spiegare, indica che Yeshùa era a immagine di Dio, esattamente come lo fu Adamo.       L’interpretazione che sostiene la preesistenza di Yeshùa presenta però diverse difficoltà. Ecco le principali:   a) In altre parti della Bibbia – più antiche – Yeshùa è presentato come la “manifestazione” che reca la conoscenza di Dio: Yeshùa “è quello che l'ha fatto conoscere” (Gv 1:18) ed “è stato manifestato in carne” (1Tm 3:16). Qui, invece, - stando alla preesistenza - apparirebbe come lo svuotamento di Dio.   b) In tutte le Scritture Greche, solo in questo passo si accennerebbe alla decisione di Yeshùa prima della sua esistenza terrestre. Eb 10:5 dice: “Entrando nel mondo”. Quando ‘entrò nel mondo’? Quando nacque o quando si presentò al mondo con il battesimo? Meglio questa seconda idea: Yeshùa si suppone già esistente con un corpo (il testo dice: “mi hai preparato un corpo”).   c) Lo svuotarsi nel caso presente significherebbe l’eliminazione della divinità per accogliere l’umanità (“servo”).   d) Ci sono grandi difficoltà per evitare (senza riuscirci) la conclusione che l’esaltazione di Yeshùa è uno stato superiore allo stato precedente in cui il consacrato sarebbe già stato in forma di divinità. Se fu esaltato dopo, non lo era prima. Se era già Dio come può essere esaltato al di sopra di Dio? E se era già la prima e più importante creatura spirituale al di sopra di tutte, come può essere ulteriormente esaltato?   Se invece si vede in questo passo soltanto un riferimento storico alla vita terrena di Yeshùa, tutte queste difficoltà svaniscono di colpo.   In Ap 19:13, Yeshùa, “vestito di una veste tinta di sangue” ha per nome “la Parola di Dio”. Dov’è la contraddizione? Ciò è in perfetta armonia con il testo. Perché mai mi domandi se è un'emanazione di Dio? Nessuna emanazione. Si parla di Yeshùa glorificato. Che non è Dio.
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26/02/2010 14:15

caro CieloSegreto, se la Parola di Giovanni 1:14 è la persona di Gesù,
(come risulta evidente dalla Scrittura), per coerenza dovresti ammettere che la Parola di Giovanni 1:1 sia una persona: la stessa persona di cui si parla in Giovanni 1:14.
se tu insisti nel dire che la parola di Giovanni 1:1 (scrivendola in minuscolo), sia "la parola creatrice di Dio", stai esponendo un concetto preso dai trinitari e da te elaborato;
loro dicono che la Parola sia Dio da Dio già esistente nel Dio e tu che sia parola da Dio già esistente in Dio, quindi non si capisce perchè Dio, questo gesto, non l'abbia fatto immediatamente dopo la caduta di Adamo, dato che la tua teoria porterebbe a pensare che la creazione dell'uomo sia uno sbaglio del Creatore.

la scrittura di Apocalisse 19:13 sta a dimostrazione che il glorificato Gesù ha ripreso il suo titolo, la Parola, quello
che aveva "in principio" (Gv. 1:1)
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26/02/2010 14:27


CieloSegreto scrive:
Vediamo se possiamo ragionare da un altro punto di vista su Gv 17:5: “Ora, Padre, glorificami presso te stesso con la gloria che avevo presso di te prima che il mondo fosse” (TNM). Intanto, riferiamoci al testo biblico che dice, parola per parola: “Ora glorifica me tu, Padre, presso te stesso con la gloria che avevo prima che il mondo fosse presso di te”. Non so perché TNM eviti di tradurre il secondo “presso di te”, ma questo nel testo c’è ed è nella stessa identica costruzione: παρὰσεαυτῷ (parà seautò), “presso te stesso”; παρὰ σοί (parà sòi), “presso di te”. Ora, si noti che esattamente come la gloria (la gloria, e non Yeshùa) era presso Dio, nello stesso modo anche il mondo era presso Dio.



Non mi pare un ragionamento logico. Non è la gloria che è presso Dio ma Yeshùa glorificato.
La costruzione grammaticale non ci permette di identificare la gloria come una entità ma come una qualità divina. Per gloria noi intendiamo la stima, il vanto e ritengo che il sostantivo avesse lo stesso significato per gli ebrei.
La gloria non si possiede fisicamente, è una ricompensa onorifica e si manifesta. Credo tu faccia confusione sul termine “Gloria”. Si tratta di un segno senza dubbio.
Andare a fare confronti con realtà diverse delle quali non conosciamo tutto, ci porterebbe molto lontano.
Alla mia domanda su cos'è la Parola secondo te, hai dato una non risposta. E' curioso che per piccole cose fai discorsi molto articolati e crespi, mentre per la mia domanda non entri nel merito e non ti chiedi come questa "Parola" abbia avuto la capacità di realizzare e creare perfino i medesimi cieli.
Meritava più attenzione la mia domanda.

Il tema è l’esistenza di Gesù preumana. Ebbene, molti versetti dimostrano questa esistenza.
San Paolo scrive: “effettivamente c’è per noi un solo Dio, il Padre, dal quale sono tutte le cose, e noi per lui; e c’è un solo Signore, Gesù Cristo, per mezzo del quale sono tutte le cose e noi per mezzo di lui.”

Questo basta a dimostrare l’esistenza preumana di Gesù, per mezzo del quale sono tutte le cose.

Non prendere in considerazione dichiarazioni del genere (linguaggio concreto) ci fa scivolare in un sentiero senza fine privandoci della logica, che in questi casi è disarmante.
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26/02/2010 14:48

Caro Bruciolis, non so più come dirtelo: la “parola” di Gv 1:14 non è la persona di Yeshùa. È la parola di Dio, che “è divenuta carne” (TNM). Il verbo greco è γνετο (eghèneto), terza persona singolare, medio aoristo indicativo del verbo γνομαι (ghìnomai) che significa “divenire /essere fatto / apparire/ sorgere”. Letteralmente significa: “D’un tratto si fece carne”. Ovvero: la parola di Dio prese forma carnale nella persona di Yeshùa. È lo stesso identico verbo che appare al v. 6 in cui si parla di Giovanni il battezzatore e che TNM rende con “sorse [Ἐγένετο (eghèneto)] un uomo”.    Dici solo assurdità quando mi scrivi: “Stai esponendo un concetto preso dai trinitari . . . la tua teoria porterebbe a pensare che la creazione dell'uomo sia uno sbaglio del Creatore”.    Bruciolis, lascia perdere. Finiamola qui. Una discussione, per essere tale, deve essere alla pari. Non lo è: non hai tutti i mezzi per discutere. Non te la prendere. Dammi del presuntuoso, se ti fa piacere, ma finiamola qui.
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26/02/2010 16:08

Re:
CieloSegreto:



Gv 1:1,2 – Si tratta della parola di Dio, con lo stesso significato che ha in tutto il Vangelo giovanneo. È la parola creatrice di Dio, quella con cui, in Gn, Dio creò.



Intano dovresti dire dove troviamo scritti successivi che intendono la "parola" non come Gesù preesistente ma come la "parola creatrice" intesa come un comando divino (o che cosa, perché non si capisce bene in che senso la parola è "divenuta" carne).



26/02/2010 17:52

Caro Bruciolis, vuoi proprio continuare a discutere. J   Va bene, rispondo anche a questa tua richiesta. Mi domandi “dove troviamo scritti successivi che intendono la ‘parola’ non come Gesù preesistente ma come la ‘parola creatrice’”. Potrei domandarti dove li trovi tu.   Non so perché parli di scritti successivi. Credo che il procedimento dovrebbe prima indagare il senso di “parola” fino a quel momento nella Scrittura (quindi scritti antecedenti), poi casomai vedere i successivi. Se tu parti da Gv 1:1 con già in mente la tua interpretazione di “parola”, rischi di perdere gran parte della possibilità di comprenderne il vero senso con la Scrittura stessa.   Seguendo questo procedimento più logico, leggo Sl 33:6: “Mediante la parola di Geova furono fatti gli stessi cieli, e mediante lo spirito della sua bocca tutto il loro esercito” (TNM). Qui non possiamo sostenere che la “parola” sia una persona: il parallelismo con “lo spirito [רוּחַ (rùach), “soffio”] della sua bocca” indica che si tratta proprio di “parola”.   Se, usando magari una concordanza o chiave biblica, ti prendi la briga di esaminare i più di 1200 passi delle Scritture Ebraiche in cui compare il vocabolo “parola”, vedrai che “parola” significa sempre “parola” e mai indica una persona o un essere divino. Quando si riferisce a Dio, questa parola è una potenza creatrice e tutto l’universo le ubbidisce: “[Lodate Dio], fuoco e grandine, neve e denso fumo, vento tempestoso, che esegui la sua parola” (Sl 148:8, TNM). La parola di Dio va sempre a segno e non viene mai meno: “L’erba verde si è seccata, il fiore è appassito; ma in quanto alla parola del nostro Dio, durerà a tempo indefinito”; “La mia parola che esce dalla mia bocca. Non tornerà a me senza risultati, ma certamente farà ciò di cui mi son dilettato, e avrà sicuro successo in ciò per cui l’ho mandata” (Is 40:8;55:10,11, TNM). Così è in tutte le Scritture Ebraiche.   Ora, perché mai in Gv 1:1 dovrebbe improvvisamente cambiare di significato?    Vediamo ora gli scritti successivi. “Per fede comprendiamo che i sistemi di cose furono posti in ordine dalla parola di Dio, per cui ciò che si vede è sorto da cose che non appaiono”(Eb 11:3, TNM). “Poiché, secondo il loro desiderio, sfugge alla loro attenzione questo fatto, che dai tempi antichi vi erano i cieli e una terra situata solidamente fuori dell’acqua e nel mezzo dell’acqua mediante la parola di Dio” (2Pt 3:5, TNM). È sempre quella stessa parola creatrice di Dio che regge tutti l’universo.
26/02/2010 18:32

Il logos: dalla filosofia al Cristianesimo
Il filosofo greco Eraclito usò il termine lògos circa 600 anni prima della nostra èra. Per lui significava la ragione o il piano divino che coordina l'universo. La filosofia del logos si ritrova nello Stoicismo. Cleante, richiamandosi ad Eraclito, vi afferma la dottrina del logos spermatikòs, la "ragione seminale", un principio vivente che si diffonderebbe nella materia animandola. Plotino  riprende questa teoria stoica. Filone d’Alessandria (filosofo ebreo) riprende il logos dello Stoicismo e lo incorpora nella sua teologia riferendolo alla "parola di Dio". Per Filone, il logos fa da mediatore tra Dio e il mondo; nella dottrina di Filone ci sono i germi che porteranno al concetto di logos nella teologia deviata quando la primitiva congregazione dei discepoli di Yeshùa aveva ormai apostatato.

   Il Concilio di Nicea sancì l’adozione di questa dottrina antiscritturale vedendo nel logos giovanneo la figura di Yeshùa.

   È da respingere l’idea di alcuni studiosi che ritengono che Giovanni abbia usato il termine "logos"

per rendere accettabile Yeshùa agli ellenisti. Giovanni era un illetterato, aveva una fede sicura e non si discostò dalla veduta ebraica che il logos si riferiva alla divina sapienza; mai avrebbe usato argomenti filosofici.

   Questa idea filosofica e non biblica del logos è presente perfino in alcune traduzioni cinesi di Gv che traducono il termine "logos" con “Tao”.

   Il filosofo e teologo Gordon Clark, calvinista, nella sua traduzione della Bibbia ha reso "logos" con “logica”: "In principio era la Logica, e la Logica era presso Dio, e la Logica era Dio”.

   A tanto ha portato la filosofia del logos insinuandosi nel cosiddetto “Cristianesimo”.

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26/02/2010 22:44

Re:
CieloSegreto:

Va bene, rispondo anche a questa tua richiesta. Mi domandi “dove troviamo scritti successivi che intendono la ‘parola’ non come Gesù preesistente ma come la ‘parola creatrice’”. Potrei domandarti dove li trovi tu.



perfetto, vedo che non sei in grado di citare NESSUN SCRITTORE.
eppure questi avrebbero dovuto capire bene le tue bizzarre traduzioni dal greco...

tra l'altro, a queste tue teorie, erano già state date delle risposte

tdgstoriasoctel.freeforumzone.leonardo.it/discussione.aspx?idd...

es.
> Ora, perché mai in Gv 1:1 dovrebbe improvvisamente cambiare di significato?

Che ci sia un "cambiamento" è da dimostare, Giovanni usa LOGOS con l'articolo e non come una semplice metafora dei comandi di Dio ESEGUITI DAI SUOI ANGELI

> Vediamo ora gli scritti successivi. “Per fede comprendiamo che i sistemi di cose furono posti in ordine dalla parola di Dio, per cui ciò che si vede è sorto da cose che non appaiono”(Eb 11:3, TNM)

E allora? Non è che "parola" è usato sempre per indicare Gesù, solo in Giovanni per il resto è una semplice metafora

> “Poiché, secondo il loro desiderio, sfugge alla loro attenzione questo fatto, che dai tempi antichi vi erano i cieli e una terra situata solidamente fuori dell’acqua e nel mezzo dell’acqua mediante la parola di Dio” (2Pt 3:5, TNM).

Idem come sopra, qui non si parla di "HO LOGOS", "parola che è presso Dio" e che "è un dio" ma la "parola di Dio". Due concetti MOLTO DIFFERENTI.

perciò, come mai invece di rispondere a quelle obiezioni hai aperto decine di altre discussioni... ?




[Modificato da Roberto Carson 26/02/2010 22:47]
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26/02/2010 22:51

Apro una piccola parentesi.
Un assiduo lettore del forum ci fa pervenire il seguente messaggio:


E' incredibile vedere dopo 2000 anni di nuovo esponenti ariani e un esponente modalista a confronto...
Siete agli antipodi è normale l'attrito.
La verità è nel mezzo.




Per contatti: roberto.carson@tiscali.it
27/02/2010 09:12

Bruciolis, decisamente non ci intendiamo. Io analizzo sistematicamente i testi, tu continui a leggerli con in mente la tua dottrina religiosa. Non c’è via d’uscita. Una volta, ebbi modo di parlare con una vecchietta che aveva appena finito di pregare davanti alla statua della “madonnina”. Con molto tatto, Bibbia alla mano, ragioni sulla posizione di Maria nei Vangeli e sul comandamento contro l’idolatria. Ebbene, alla fine la gentile signora mi guardò male, si fece il segno della croce e andò via continuando a ripetere: No, no, no. Da allora ho capito che serve a poco discutere con chi ha la sua idea fissa. Ogni tanto ci ricado, ma me ne pento. Il fatto è che di fronte a dichiarazioni buttate lì, non reggo. Per cui – ricadendoci – rispondo alle tue ultime dichiarazioni, poi, ti prego, lasciamo perdere.    Tu scrivi: “Che ci sia un ‘cambiamento’ è da dimostrare, Giovanni usa LOGOS con l'articolo e non come una semplice metafora dei comandi di Dio ESEGUITI DAI SUOI ANGELI”. Ma tu hai letto bene quanto avevo scritto? Ti avevo invitato a verificare il senso di “parola” in tutti i passi biblici precedenti a Gv 1:1. Lo hai fatto? Non esiste una sola volta in cui quel vocabolo assuma il senso di persona. Ora esci fuori con questa storia dell’articolo. Va bene, vediamo l’articolo: “Poiché, secondo il loro desiderio, sfugge alla loro attenzione questo fatto, che dai tempi antichi vi erano i cieli e una terra situata solidamente fuori dell’acqua e nel mezzo dell’acqua mediante la parola di Dio [τ το θεο λγ (to tu theù lògo), “la di Dio parola]” (2Pt 3:5, TNM).    Su questo passo affermi: “Qui non si parla di ‘HO LOGOS’, ‘parola che è presso Dio’”. E ribatto: qui si parla proprio di ho lògos con tanto di articolo determinativo: il testo lo hai davanti. Provo a ripetere il concetto, rispondendo anche a Delemme, ma basandomi sulla Scrittura e non su una traduzione.    “Egli era nel mondo, e il mondo venne all’esistenza per mezzo di lui” (Gv 1:10, TNM). “Per mezzo di lui” è nel testo biblico δι' ατο (diautù); la preposizione δι (dià) seguita dal genitivo significa attraverso; il senso è: passando attraverso di lui. Il senso che può assumere la preposizione greca διά (dià), attraverso, è ben illustrato dal passo di 1Tm 2:15: “Essa [la donna] sarà tenuta in salvo per mezzo [διά (dià)] del parto” (TNM). NR traduce così: “Sarà salvata partorendo figli”.  Non è il parto che salva la donna, infatti una donna può morire proprio partorendo. È invece la donna che viene salvata perché possa partorire e perpetuare la specie umana. Nello stesso modo, tutta la creazione non fu fatta da Yeshùa, ma per Yeshùa.   ”C’è un solo Signore, Gesù Cristo, per mezzo del quale [δι' ο (di’ù)] sono tutte le cose e noi per mezzo di lui [δι' ατο (diautù)]” (1Cor 8:6, TNM, con raffronto del testo originale). Anche qui si ha δι (dià) seguito dal genitivo: attraverso. In più, abbiamo un parallelismo che fa ulteriore luce: proprio come “tutte le cose” sono “attraverso di lui”, nello stesso identico modo anche i credenti sono “attraverso di lui”. L’atto creativo è riferito in questo passo solo a Dio: “C’è per noi un solo Dio, il Padre, dal [ξ (ex)] quale sono tutte le cose” (Ibidem); qui non si ha δι (dià), ma ξ (ex), “da”. Paolo sta affermando che Dio, nel suo progetto creativo, aveva in mente Yeshùa da subito.   Bruciolis riconosce: “Non è che ‘parola’ è usato sempre per indicare Gesù, solo in Giovanni per il resto è una semplice metafora”. Tuttavia, non ti viene il dubbio che attribuendo un significato diverso in un singolo passo, contrariamente al solito significato che appare più di 1200 volte nel resto della Bibbia, ci si dovrebbe allarmare?     Ultima stoccatina da parte di Bruciolis: “Come mai invece di rispondere a quelle obiezioni hai aperto decine di altre discussioni... ?” Non raccolgo. Mi sembra di aver più che risposto a ogni obiezione, anzi strarisposto. È tutto lì da leggere, per cui non risponderò più su questo argomento. È diventata una disputa religiosa, e me ne tiro fuori. A Bruciolis progongo una riflessione su 1Pt 3:15,16: “Siate sempre pronti a rispondere a quelli che vi chiedono spiegazioni sulla speranza che avete in voi, ma rispondete con gentilezza e rispetto, con la coscienza pulita”. – Parola del Signore.
OFFLINE
27/02/2010 13:55

CieloSegreto:

Io analizzo sistematicamente i testi, tu continui a leggerli con in mente la tua dottrina religiosa




Indicami qualcuno (presente o passato) che analizza (o ha analizzato)
i testi alla tua maniera, poi ne riparliamo...
per ora non sei credibile.

La Parola di Dio di Apocalisse 19,13 è la stessa persona di Giovanni 1,1, colui che é divenuto carne (perchè prima era ben altro!) checchè tu ne dica.
[Modificato da Roberto Carson 27/02/2010 14:18]
27/02/2010 14:00

Solo per informazione a chi interessa: chi ha analizzato così il testo biblico è il prof. F. Salvoni.
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